Certe robe se magna solo in Ancona. Una dei più cospicui patrimoni della città di Ancona è senza dubbio da ricercare nella storica, straordinaria tradizione culinaria. In Ancona se magna bè un bel po’. Sapientemente mescolati tra loro, i prodotti del mare, della campagna e delle dolci colline dell’entroterra sanno comporre, grazie a mani storicamente capaci, proposte culinarie di altissimo livello, piatti unici. Unici nel gusto, nella genuinità e unici ntel nome. Scì, ntel nome. Perché certe robe, se guardi bè, se magna solo in Ancona. Nun ce credi? Partìmo dalle verdure. In Ancona, le verdure ciànne certi nomi che manco t’immagini. Pia el cetriolo. In Ancona el cetriolo se chiama melàngola. Sòna mejo, nun zenti?
E i melanciàni? Te piace i melanciàni, eh? Alla parmigiana è la morte sua. Po’, se propio volémo esse precisi, ce sarìa pure i pincigarèli. Se vòi sapé cus’è, chiede a tu nonna. Ad ogni modo, anche in tema di erbe aromatiche, in Ancona, nun zé scherza. A falla da padroni, incontrastati, enne in tre: erbetta, melauro e fenòchio forte. Roba da Guida Misclén. Ma passiamo ai primi. Uno su tutti: i ravaiòli. Fatti in casa è la fine del mondo. E pazienza se ce mettemo na “a” de troppo. Degne di menzione, inoltre, tre storiche pietanze del capoluogo dorico: l’alesso, la svizera, el cunìllo in putàchio. Manco da Cracco li scrivene cuscì perfetti. Da ultimo, l’eccellenza anconetana più preziosa: il mare, che invece di portare sulle nostre tavole le triglie, ce porta i rusciòli; accompagnati, nel brodetto o nel fritto, nientepopodimenoche dai guatti. Certe robe se magna solo in Ancona.